CRISTINA NICO il nuovo disco

Ascoltabile su tutte le piattaforme digitali “Cristina Nico” (Lilith Label | OrangeHomeRecords | Believe, 2022), il terzo disco, omonimo, della cantautrice.

Cover webUn viaggio interiore che parte dagli inferi in cui brilla la luna doppia del conflitto con se stessi (“Double Moon”), dominano le pulsioni dell’Es (“La sola cosa che c’è”) e il senso di perdita e tradimento (“Omissis”); si passa quindi per la ricerca del proprio posto nel mondo (“Il bisogno di essere migliore”), l’autoinvito a non farsi paralizzare dalla paura (“Anima nigra”), l’accettazione di una parziale incomunicabilità (“Chissene”) e della complessità dei meccanismi amorosi (“Les fleurs du bien”, “Être-soi même=être un autre”). La parte centrale si chiude con la versione irrequieta, quasi hard-rock di “The idiot not savant”, una sorta di marcia funebre in cui si prende atto della propria finitezza ma anche dell’essere parte di un ciclo vita-morte in cui siamo interconnessi con tutto il resto, dagli insetti alle stelle. Come un’epifania lo zampettare gioioso di un cane in “Dog’s walk” segna un cambio di passo e una specie di risveglio dai sogni più cupi: così nella parte finale del disco si respira un’atmosfera più solare, si assiste ad un ricongiungimento con un Sé che sembra avere fatto pace con i propri elementi oscuri (“La sorgente”) e recupera uno sguardo mercuriale e quasi fanciullesco (“Hermes”). A chiudere il disco si ripropongono le consapevolezze di “The idiot not savant”, in una versione malinconica ma anche pacificata, che starebbe bene nella soundtrack di un road movie. Il viaggio finisce, ma allo stesso tempo ricomincia.

In fase di produzione Giulio Gaietto e Nico hanno deciso di fare emergere l’eclettismo di stili e suggestioni, anche attraverso l’apporto degli altri musicisti della band. Le cordofonie di Roberto Zanisi portano il calore dell’elemento mediterraneo, le linee di basso hanno la solidità e la versatilità dello stesso Gaietto, il drumming energico di Federico “Bandiani” Lagomarsino rappresenta insieme alle chitarre della Nico il cuore rock del tutto. A questo si aggiungono un’inedita componente elettronica e una componente percussiva morbida ma molto caratterizzante, attraverso l’uso di strumenti tradizionali come il calabash (“Anima nigra” e “Chissene”) e il guiro (“The idiot not savant”), di strumenti usati in maniera non convenzionale, come la kalimba campionata ne “Les fleurs du bien” e gli strumenti a corda percossi anziché pizzicati in “Anima Nigra”, inserti di rumori ambientali (lo zampettare di Lou, la cagnina di Nico, sul parquet di casa in “Dog’s Walk”, il bambino che gioca/suona uno xilofono su un balcone nel finale de“La sorgente” ) ecc. La voce di Nico cerca di rendersi cangiante nell’interpretare le proprie voci interiori, i propri umori, utilizzando oltre all’italiano anche l’inglese, il francese e persino il dialetto calabrese.

“Sentivo una grande urgenza di buttare fuori tutto quello che mi ha costretta a guardare in faccia le mie paure, a scandagliarmi più del solito in un momento di profonda crisi personale. Mi sono interrogata sul senso del mio fare artistico in una situazione collettiva che ha modificato la nostra socialità, che ci ha costretto a fare i conti con la nostra solitudine, le nostre fragilità e i nostri egotismi. Sono anche tempi incredibilmente interessanti, di rivoluzioni profonde che passano anche attraverso il coraggio di viversi liberamente, le sacrosante richieste di diritti e cambiamenti, la consapevolezza di essere parte di qualcosa di più grande purtroppo messo a rischio da noi stessi che dovremmo proteggerlo e proteggerci. Offrire me stessa senza sconti, con le mie contraddizioni mi è sembrata la cosa più onesta da fare. Non volevo scrivere instant songs, volevo qualcosa che anche desse voce alle tante voci che ognuno di noi si porta dentro, che facesse attraversare paesaggi diversi e che allo stesso tempo fosse essenziale, condiviso, diretto, coinvolgente come un unico viaggio. Il lavoro di produzione con Giulio Gaietto e l’apporto degli altri musicisti mi hanno permesso di allestire questo apparente caos in un quadro variegato ma alla fine, credo, molto coerente: così abbiamo tenuto assieme riferimenti a Baudelaire e Rimbaud, le mie radici, elementi punk-noise e trip-hop, un tocco di alt-country, un ipotetica idea di rap-jazz francese, suggestioni mediterranee… mi auguro sia un bel viaggio, un po’inatteso, come camminare tra i palazzi in una notte rischiarata dalla luna e poi ritrovarsi in una radura assolata. O in un’oasi.”

Lyrics.

Guarda il videoclip de “La sola cosa che c’è“: